Ho partecipato su certe tematiche, sull’inclusività e l’esclusività, ma il problema che ha sollevato Enrico Manera è importante a mio avviso, è importante perché Marinetti poi aderì alla Repubblica Sociale Italiana, è quello che non viene perdonato per quello, perché molti sono stati gli artisti della prima fase del fascismo fino alla caduta del 25 luglio e poi altri che sono rimasti invece fedeli a quella linea che hanno aderito alla Repubblica Sociale Italiana. Questo è il nodo della faccenda, ma che rientra nell’inclusività e nell’esclusività, cioè se non vi siete ancora accorti, ma penso che ne siate già accorti dal tempo, perché l’Italia non… si sbaglia da questa guerra civile che è finita nel 1945. L’Italia è spaccata a metà, come uno dice una cosa è un fascista, come uno dice una cosa è un comunista, cioè si va avanti con sempre questa tarantella, ma è finita nel 1945 la tarantella, cioè va bene abbiamo avuto gli anni di piombo, tutto quello che vi pare, però se non si arriva alla pacificazione nazionale e soprattutto ad una memoria condivisa, non facciamo un passo in questo momento, non si fa un passo ed è un momento molto critico, ma non solo per l’Italia, per l’intero pianeta, è molto critico. Io mi sono appuntato tre cose che le butto l’acqua dopo, tirerò il ballo Andrea Viozzi che è un giovane critico molto promettente. Grazie mille. la sua, ma anche gli altri ovviamente. Innanzitutto la mia generazione e la generazione di molti che sono in questa sala ha visto il passaggio di quello che era una società di stampo rurale ad una società di stampo industriale, post-industriale, fino ad arrivare ad oggi tecnologico avanzato. Per cui noi abbiamo avuto negli ultimi 50-60 anni un’accelerazione sconcertante a livello non solo italiano ma mondiale fino ad arrivare a una globalizzazione, ma è una globalizzazione dal punto di vista economico, cioè la finanza che stampa, globalizzando, non la civiltà. Noi occidentali siamo sempre lì. Vogliamo sempre esportare la democrazia, la civiltà, tutte queste storie, ma sono cose queste che nascono dal popolo, nascono dal profondo, non puoi esportarle, sono cose che senti, che vivi eventualmente, ma non puoi esportare, com’è? E’ esportare una dittatura, non ce la fai prima o poi, chi tecnicamente appartiene ad una realtà che non è quella, che si rivela oppure dice no, che vanno bene certi modelli e via discorrendo. Logico, noi occidentali siamo livellati su modelli statunitensi, sappiamo benissimo che l’Italia è una nazione soprana, sappiamo benissimo che quello che si decide, si decide a Washington, adesso hanno delegato gli uomini i cammini a Bruxelles. Vi so che non arriviamo più dall’America, adesso la prima linea è la Turchia. Erdogan si può permettere di dire qualsiasi cosa e fare qualsiasi cosa, perché quella è la prima linea. Di là ci sono i nemici, ci sono i leoni, e di conseguenza noi siamo nelle retrovie, per cui siamo qui in Italia di tutta una situazione. Questo è legato strettamente al problema legato alla cultura, alla tradizione, all’identità, e via discorrendo. La globalizzazione ci sta privando di tutto questo, perché è l’inclusività dell’esclusività. Io ho citato Proust nel mio pezzo, Proust diceva che il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori. Ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo… gli occhi di un altro, di centinaia d’altri, di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è. Per cui il discorso si amplia molto. Cioè, dovrebbe essere un incontro di culture, la globalizzazione, un incontro di conoscenze, un incontro di sapere e invece si traffica con la Coca-Cola, si traffica con le armi, si traffica con i McDonald’s, si traffica con sta roba qua. In più cosa c’è? Oltre a questo passaggio al vocale velocissimo, si sta incuneando in tutta questa faccenda una cosiddetta intelligenza artificiale. Intelligenza artificiale che è un punto interrogativo non da poco. Intelligenza artificiale… Siamo partiti con gli smartphone e gli Iphone, a cui tutti guardano, molti anche qui in sala ci stanno guardando mentre uno parla, ti ritrovi seduto in pizzeria con gli amici, l’amico seduto al tuo posto a tavola e ci si messaggia a tavola l’uno con l’altro. Allora, se la macchina, se la tecnologia è al servizio dell’uomo, è strumento, benissimo !, il pericolo è che la macchina diventi cultura. Allora, se la macchina ti aiuta a fare cultura, bene!, ma se la macchina diventa cultura, diventa la cultura della macchina, non più la cultura dell’uomo. E tanto è meno, io come Gian Ruggero… Io come Gian Ruggero Manzoni non mi sento di affidare ad una macchina la decisione se far partire diversi con un tasto nucleare o no c’è il problema in questo a vari livelli o ovvio che ho portato in tutto il limite, questa cosa tocca direttamente l’arte quello che è legato all’identità la tradizione di un storia rischia di essere spazzato via, poi rischiamo di spazzare via tantissime cose cioè mi ricordate cosa hanno fatto quelli dell’Isis ai buddha in Afghanistan io posso anche pensare che arrivi uno un certo giorno di qui a 20 30 anni non so quando che dice vabbè la cappella si ispira no va bene così gli ha una mano di bianco perché dio non va rappresentato, sono i più c’è neanche 13, monoteiste sia le prete, gli arabi, Dio non va rappresentato, sono noi cristiani, solo noi crediamo in un Dio che si è umanizzato e questo è molto interessante tutto questo recente. Già da questo potrete pensare che penserete quello che io ho in mente, cioè non voglio fare il luttista della situazione di sfruggiamo tutte le macchine, ma siamo molto attenti a tutto questo, a parte che tramite le macchine che abbiamo siamo tutti, non avremo il microchip che voleva mettere Musk, il nuovo presidente degli Stati Uniti, non è Trump, è lui, non avremo il microchip ma l’abbiamo in tasti il microchip, io non ce l’ho, ma il phone e lo
Da Guido Reni a Magritte: I Grandi Maestri a Confronto con il Mondo Classico
L’esposizione “Da Guido Reni a Magritte: I Grandi Maestri a Confronto con il Mondo Classico” si svolge a Palazzo San Francesco, un contesto emblematico per l’arte e la cultura. Questo evento, che si tiene dal 15 ottobre al 15 gennaio, mira a esplorare il dialogo tra i capolavori di artisti che hanno segnato la storia dell’arte, partendo dal classicismo di Guido Reni fino agli sviluppi del surrealismo con René Magritte. L’esposizione è articolata in diverse sezioni, ognuna delle quali mette in luce le influenze e le interconnessioni tra i vari artisti e il loro rapporto con l’arte classica. L’obiettivo principale dell’evento è non solo quello di mettere in mostra opere straordinarie, ma anche di stimolare una riflessione critica sul significato e l’impatto delle opere presentate. Questa è un’opportunità unica per i visitatori di confrontarsi con la ricchezza del patrimonio artistico, osservando come i maestri, attraverso il tempo e lo spazio, abbiano reinterpretato temi classici in modi innovativi. Particolare attenzione è rivolta a Guido Reni, il quale rappresenta una figura centrale nel panorama artistico e culturale dell’esposizione. La sua maestria nel ritrarre la bellezza ideale e l’armonia delle forme è frequentemente ripresa da artisti successivi, rendendolo un punto di riferimento imprescindibile in questo percorso espositivo. L’analisi delle opere di Reni in relazione a quelle di altri grandi maestri offre uno spunto interessante per comprendere come la tradizione classica continui a influenzare le generazioni di artisti contemporanei. L’esposizione non si limita al semplice confronto visivo, ma invita anche a una riflessione più profonda sui valori estetici e culturali che hanno caratterizzato ogni epoca. Guido Reni: Il Paladino della Classicità Guido Reni, artista di spicco del Seicento, si erge come un importante esponente della tradizione classicista in un periodo caratterizzato da intense trasformazioni artistiche. Nato a Bologna nel 1575, Reni si formò sotto la guida del Caravaggio, ma si distaccò rapidamente dalla sua estetica per abbracciare un linguaggio che amalgama il barocco con una rigorosa adesione ai principi della classicità. Questa fusione è particolarmente evidente nelle sue opere, dove si possono riconoscere tratti distintivi di elevata grazia, eleganza e un’atmosfera quasi eterea. Una delle sue opere più celebri, l’Annunciazione, rappresenta un perfetto esempio di come Reni riesca a coniugare il sacro con una piacevole linearità formale. Qui, l’armonia dei gesti e la dolcezza dei volti trasmettono un messaggio di serena devozione, tipica dell’estetica classicista. Allo stesso modo, nel dipinto San Sebastiano, l’artista impiega una composizione bilanciata, enfatizzando la bellezza ideale del corpo umano, un richiamo diretto alle statue dell’antichità. Questi lavori non solo dimostrano la maestria tecnica di Reni, ma anche una ricerca profonda dell’armonia e della proporzione, che sono alla base dell’arte classica. L’apporto di Guido Reni all’arte europea del Seicento è innegabile; sebbene alcuni critici lo considerino un rappresentante moderato del barocco, la sua capacità di far dialogare la classicità con l’innovazione stilistica rivela la sua importanza nella storia dell’arte. La sua influenza è estesa e perdura nel tempo, ispirando generazioni di artisti che hanno cercato di seguire le orme del suo genio creativo, cementando così la sua posizione di paladino della classicità. L’impatto dei Carracci sulla Cultura Artistica I Carracci, una famiglia di artisti bolognesi operante tra la fine del XVI secolo e il XVII secolo, hanno avuto un impatto significativo sulla cultura artistica, influenzando generazioni di artisti, tra cui Guido Reni. La loro opera rappresenta un tentativo di recupero e rinnovamento delle tecniche classiche, contribuendo a una transizione verso una maggiore libertà espressiva e una rappresentazione più realistica della figura umana. Questo approccio innovativo offre una chiara rottura con il formalismo del manierismo, creando un ponte tra il passato classico e le future evoluzioni dell’arte barocca. Particolarmente importante è la rappresentazione di figure sacre, come San Sebastiano, che i Carracci hanno saputo rielaborare, conferendogli una vitalità e una complessità che lo rendono emblematico della loro estetica. In queste rappresentazioni, non solo c’è una cura particolare per i dettagli anatomici e la resa dei drappeggi, ma vi è anche una ricerca di emozione e trascendenza. La semplicità e l’umanità delle figure, unite a un utilizzo sapiente della luce, hanno fornito un linguaggio visivo che Reni ha saputo assimilare e reinterpretare nel suo lavoro. La tradizione degli Carracci ha avuto un’importanza cruciale nella Bologna del Seicento, dove la loro scuola ha attirato numerosi aspiranti artisti, disposti a seguire i loro principi. Questo ambiente creativo ha permesso la produzione di opere che integrano il realismo con l’idealizzazione, divenendo fondamentali per l’evoluzione della pittura. Di conseguenza, l’impatto dei Carracci si avverte non solo nelle opere di Reni, ma anche in quelle di molti contemporanei e successori, consolidando il loro posto nella storia dell’arte e nell’eredità culturale di un periodo di grande fervore artistico. Rubens e la Reinterpretazione della Classicità Peter Paul Rubens è ampiamente riconosciuto come uno dei più grandi pittori del periodo barocco, la cui opera si distingue per la vivacità dei colori, la dinamicità delle composizioni e l’abilità nel catturare l’umanità nelle sue forme più emotive. Il suo approccio alla classicità, sebbene profondamente radicato nelle tradizioni artistiche precedenti, offre una reinterpretazione che è al tempo stesso innovativa e in risposta agli imperativi dei suoi committenti. Rubens ha saputo amalgamare elementi classici con la necessità di esprimere la drammaticità e il senso di meraviglia tipici del suo tempo. Una delle opere più significative di Rubens che illustra questa reinterpretazione è la “Madonna del Rosario”. In quest’opera, l’artista impiega una serie di modelli classici, richiamando la tradizione dell’arte rinascimentale, con l’intenzione di evocare una sorta di sacralità che parla anche al contesto barocco. La figura della Madonna è tratteggiata con una grazia che ricorda le belle rappresentazioni di madonne nelle opere di artisti come Raphael e Michelangelo, mentre la composizione offre un senso di movimento e di trascendenza. Rubens non si è limitato a riprodurre modelli classici; invece, ha sposato questi ideali con la realtà contemporanea dei suoi committenti, le quali richiedevano opere che non solo fossero esteticamente piacevoli, ma che rispondessero anche a una narrazione spirituale ben definita. La “Madonna del
Inaugurazione di PlayLab: Il Nuovo Museo per Piccoli Visitatori
PlayLab è un innovativo spazio educativo inaugurato dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, concepito specificamente per accogliere bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni. In un’epoca in cui l’apprendimento è sempre più integrato con il gioco, PlayLab si propone come un ambiente stimolante e interattivo dove i piccoli visitatori possono esplorare, sperimentare e scoprire il mondo della scienza in modo divertente. Questa iniziativa rappresenta una risposta alle esigenze educative dei più giovani, sottolineando l’importanza del gioco nel processo di apprendimento. Creare uno spazio ludico per i bambini non è solo un modo per intrattenerli; è una strategia fondamentale per incoraggiare la curiosità naturale presente in ogni bambino. Attraverso attività didattiche che utilizzano materiali e strumenti scientifici, PlayLab stimola il pensiero critico, la creatività e l’amore per la scienza. Ogni elemento del museo è stato progettato per favorire l’apprendimento attivo, essenziale per la crescita cognitiva dei bambini. Questo approccio educativo si rivela cruciale nel fornire le basi per future scoperte e approfondimenti scientifici. La struttura di PlayLab è pensata per essere accessibile e coinvolgente, permettendo ai bambini di interagire direttamente con gli oggetti e le installazioni. Le attività variano da esperimenti semplici a giochi di ruolo che invitano i bambini a immedesimarsi in scienziati, ingegneri e inventori. In questo modo, si intende non solo educare, ma anche divertire, creando ricordi positivi associati alla scoperta scientifica. Questo nuovo museo rappresenta un passo avanti nella promozione di una cultura scientifica tra i più piccoli, contribuendo a formare una generazione di pensatori curiosi e critici. Architettura e Design degli Spazi Il Museo PlayLab è concepito non solo come un luogo di esposizione, ma come un ambiente dinamico che stimola la creatività e la scoperta nei bambini. Gli architetti hanno progettato 400 metri quadrati dedicati a giovani visitatori, integrando i principi di ‘trasformare’ ed ‘esplorare’ per orientare il layout e le installazioni artistiche. Il design degli spazi promuove una sensazione di apertura e interazione, facilitando il movimento libero e l’immersione in esperienze ludiche. Ogni area del museo è pensata per incoraggiare l’esplorazione sensoriale. L’uso di colori vivaci e materiali tattili nelle installazioni introduce un senso di meraviglia e utilizza la curiosità naturale dei bambini. Gli spazi sono caratterizzati da forme fluide che sfuggono alla rigidità degli ambienti tradizionali, creando un viaggio visivo e fisico che invita i piccoli visitatori a scoprire nuovi concetti attraverso il gioco. L’architettura, quindi, non è soltanto la cornice, ma diventa parte integrante dell’esperienza educativa. I principi di ‘trasformare’ si riflettono in come gli spazi possono adattarsi al variare delle attività e delle interazioni. Le aree di gioco non sono statiche; sono progettate per evolversi e prendere nuove forme, permettendo ai bambini di approcciare giochi e apprendimento da diverse angolazioni. Ciò stimola la loro immaginazione e incoraggia la partecipazione attiva. Inoltre, le installazioni artistiche presenti all’interno del museo, selezionate con cura, supportano questo approccio, fornendo contesti sempre nuovi per l’interpretazione e l’engagement. In sintesi, la progettazione architettonica di PlayLab è un elemento fondamentale che abilita l’esperienza educativa e ludica, trasformando l’ambiente in un luogo dove i bambini possono esplorare, sperimentare e crescere. I valori di inclusione e interattività permeano ogni angolo del museo, rendendolo un punto di riferimento per le famiglie e un modello di innovazione nel campo del design per spazi dedicati ai più giovani. Un Progetto Educativo Basato su Esperienza Il museo ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nell’educazione e nelle esperienze di apprendimento dei bambini e delle famiglie. Con anni di esperienza alle spalle, è stato in grado di sviluppare programmi educativi innovativi che incoraggiano la curiosità e la creatività. Questi programmi sono stati progettati per adattarsi alle esigenze diverse di varie fasce d’età, creando opportunità di apprendimento interattivo e coinvolgente. La creazione di PlayLab rappresenta un passo significativo in questa direzione. PlayLab è il risultato di un’analisi approfondita delle esperienze precedenti del museo, unite a un continuo ascolto delle esigenze delle famiglie e dei giovani visitatori. I programmi educativi precedenti hanno fornito informazioni preziose sui metodi di insegnamento più efficaci e sulle modalità di coinvolgimento dei bambini. Attraverso laboratori pratici, dimostrazioni artistiche e esposizioni tematiche, il museo ha saputo trazionare un percorso di apprendimento stimolante, che ora viene ulteriormente sviluppato con PlayLab. I principali obiettivi educativi di PlayLab sono orientati a promuovere l’apprendimento attraverso il gioco, favorendo una comprensione profonda di temi scientifici, artistici e culturali. Il museo ha integrato attività pratiche che incoraggiano l’uso di materiali diversi e la sperimentazione, mentre si propone di insegnare ai bambini l’importanza della collaborazione e della comunicazione. Tutto ciò si traduce in un ambiente di apprendimento inclusivo dove i piccoli visitatori possono esplorare e scoprire, supportati da esperti educatori. Grazie a questo progetto educativo, il museo si conferma come un punto di riferimento per l’apprendimento informale. L’implementazione di PlayLab non solo arricchisce l’offerta educativa del museo, ma mira anche a formare una nuova generazione di pensatori critici e creativi, pronti ad affrontare le sfide del futuro. Le Attività di PlayLab PlayLab, il nuovo museo dedicato ai piccoli visitatori, è un luogo dove l’apprendimento e il divertimento si incontrano attraverso cinque stanze tematiche ricche di attività stimolanti. Ogni sala è progettata per offrire un’esperienza unica, permettendo ai bambini di esplorare, costruire e raccontare storie, mentre alimentano la loro immaginazione e creatività. La prima stanza è dedicata all’esplorazione, dove i visitatori possono immergersi in un ambiente che incoraggia la curiosità. Qui, attraverso attività interattive, i bambini possono scoprire il mondo naturale, dalla fauna alle piante, utilizzando strumenti progettati appositamente per i più piccoli. Le attività proposte sono studiate per rendere l’apprendimento divertente e coinvolgente. La seconda sala è quella della costruzione, che offre un ampio spazio per la creatività. I bambini possono giocare con diverse forme e materiali per costruire strutture e oggetti, sviluppando al contempo abilità motorie e problem solving. Qui, il processo di creare è incoraggiato, permettendo ai piccoli di realizzare le proprie idee in un ambiente sicuro e stimolante. La terza stanza è dedicata al storytelling, dove i bambini